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San Giuseppe Moscati: il medico dei poveri
La Chiesa celebra la memoria liturgica di San Giuseppe Moscati il 12 aprile, mentre le Arcidiocesi di Napoli e Amalfi-Cava de' Tirreni la celebrano separatamente il 16 novembre, giorno in cui i resti mortali del Santo furono trasferiti dal Cimitero di Poggioreale nella Chiesa del Gesù Nuovo, luogo in cui, il 7 ottobre del 1990 è stata inaugurata la sua statua di bronzo, opera dello scultore Luigi Sopelsa. Prima di giungere a Napoli la statua fu benedetta da Papa Giovanni Paolo II a Benevento dove 110 anni prima nacque Giuseppe Moscati. Il dottore Guido Corbisiero è un volontario della Caritas della diocesi di Nola. Ha lavorato per quarantadue anni e dieci mesi nella Sanità pubblica. Spinto sempre da una profonda fede, il dottor Corbisiero ha accettato l'invito di condividere la sua riflessione sulla vita e la testimonianza di Moscati.
Il Professore Moscati: dalla Vergine Maria alle cure degli ultimi
La mia prima reazione, immediata ed istintiva, è stata quella di rifiutare l’invito, avvertendo un senso di profonda inadeguatezza nello svolgere questo compito a me affidato, ma un istante dopo mi è apparsa nella mente l’immagine della statua del Santo e della tomba che raccoglie le sue reliquie, presenti nella Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, dove mi ero recato non più tardi di una settimana prima per pregare come spesso faccio. A quel punto, non ho saputo più rifiutare l’invito. Dovevo accettare.
Il “Professore Moscati”- così amo chiamarlo per avvertirne di più la presenza spirituale e di maestro - fu canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987. Definito fin dal primo momento “medico santo” e "medico dei poveri", si dedicò sempre all’assistenza dei malati, spesso curandoli gratuitamente e anche aiutandoli economicamente. Profondamente legato alla devozione della Vergine Maria, si recava a messa ogni giorno per pregare e ricevere la grazia sacramentale, ispiratrice del suo agire come uomo e come medico.
Tra fede e scienza
Il suo pensiero sul rapporto tra fede e scienza era legato alla convinzione che nessuna contrapposizione dovesse esserci tra le due, essendo entrambe concorrenti al bene dell'uomo. Moscati seppe vivere il suo tempo guardando alla società contemporanea e al popolo napoletano dell’epoca con grande senso di legalità, giustizia e solidarietà e, soprattutto, con grande umiltà, professionalità e profondo spirito di servizio per meglio aiutare i sofferenti.
Ma la società, oggi, è cambiata. Si presenta fortemente individualista, con una economia di mercato tutta orientata alla massimizzazione del profitto, dominata da una crescente dipendenza dalle tecnologie avanzate e dalla loro influenza pervasiva, condizionata da una mediatizzazione della comunicazione e manipolazione dell’informazione; dove il principio di equità non è garanzia per tutti, a partire dal mondo del lavoro per finire al diritto alla salute per i non abbienti, i disabili e i malati cronici complessi; dove, guardando al mondo intero, viene calpestato il diritto, dove imperversa l’ingiustizia e l’orrore della guerra e dove viene sistematicamente ignorato il riconoscimento della dignità e dello stato di marginalità degli ultimi: i più poveri dei poveri, gli immigrati irregolari.
Il santo Moscati oggi
Nell’attuale contesto sociale la figura del “Professore Moscati” cosa può rappresentare? Puo' essere considerata attuale e perciò stesso emulabile da noi medici e operatori sanitari cattolici (infermieri, fisioterapisti, tecnici ecc.), diventando come lui tutti eroi ed eroine della sanità e della santità?
Credo che più semplicemente siamo chiamati ad “esercitare la normalità”, con lo sguardo rivolto al pensiero e alle azioni del "Professore Moscati", grande maestro di medicina e di umanità. In questo momento storico, il sistema sanitario, fortemente in crisi, non riesce a dare risposte immediate e adeguate ai bisogni di salute dei malati, rischiando all’atto dell’intervento medico o assistenziale di essere spesso spersonalizzato e spersonalizzante nel rapporto tra medico e paziente. Si avverte, più che mai, il bisogno di umanizzare la medicina, consapevoli che il medico nell’incontrare un malato, incontra una persona con il suo carico di sofferenza, di paura e di speranza di guarigione, ma anche con la sua storia, la sua cultura e il suo stato sociale ed economico.
Esercitare la normalità significa essere medico che sappia guardare con più attenzione al problema della salute dell’individuo, della collettività e del fenomeno tutto in crescita della salute diseguale, dove in Italia più di quattro milioni di persone non accedono più alle cure, dove i più poveri ed incolti vivono almeno tre anni di meno dei più ricchi e più colti, non disdegnando – proprio perché medici – di partecipare al contesto sociopolitico in cui viviamo, operando, ovunque siamo presenti, con profondo senso di legalità, di giustizia e di solidarietà, finalizzato al perseguimento del bene comune.
In questo compito non siamo soli. Altri medici e operatori sanitari, di buona volontà, che hanno una diversa visione più strettamente laica e che forse non credono o credono in altro (altre religioni o idee), agiscono con la stessa visione, godendo della ricompensa morale nell’aver espletato il loro dovere per il bene della comunità in cui operano e vivono. Il Professore Moscati sia strada maestra per tutti: “L'amore che guarisce !”.