Welfare e Comunità
I CARE “MI STAI A CUORE” – RIFLESSIONI SUL REFERENDUM SULLA CITTADINANZA
L’8 e il 9 giugno saremo chiamati ad esprimere il nostro voto per cinque referendum di cui uno riguardante la cittadinanza.
Votare “sì” significa semplificare il riconoscimento di una realtà di fatto.
La normativa sulla cittadinanza, la legge 91/1992, è ancorata allo ius sanguinis per cui la cittadinanza italiana si acquisisce prioritariamente per discendenza o filiazione. Lo ius soli, ossia il diritto alla cittadinanza per il solo fatto di essere nati in un territorio, è previsto solo in alcuni casi: chi è nato in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza italiana quando compie 18 anni. Chi invece non è nato nel nostro Paese può chiedere la cittadinanza per concessione attraverso il matrimonio con un cittadino italiano o la naturalizzazione per residenza, dopo quattro anni per i cittadini di Paesi dell’Unione europea e dopo dieci anni per gli stranieri extra Ue. Lo ius scholae che prevede il riconoscimento della cittadinanza per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni frequentando regolarmente almeno 5 anni di studio è attualmente in Italia soltanto una proposta in discussione.
Votare “sì” significa dimezzare da dieci a cinque anni il periodo richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per ottenere la cittadinanza italiana. Rimangono immutati gli altri requisiti ovvero la conoscenza della lingua italiana di livello almeno B1, la capacità reddituale adeguata al proprio sostentamento, agli obblighi fiscali e ai doveri di solidarietà economica e sociale e assenza di condanne penali e pericolosità sociale. Rimane invariata anche la procedura di richiesta e ottenimento della cittadinanza, che oggi dura circa tre anni.
Votare “sì” è riconoscere il contributo di questi nostri fratelli/sorelle al benessere del Paese. Secondo il XXXIII Rapporto Immigrazione “Popoli in cammino”, benché la riduzione della natalità riguardi indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera, è proprio grazie alla dinamica migratoria che la popolazione italiana rimane, almeno dal punto di vista numerico, in sostanziale equilibrio, compensando quasi totalmente il deficit dovuto alla dinamica naturale. Il Rapporto annuale 2024 sull'economia dell'immigrazione ha invece evidenziato che i lavoratori immigrati producono 164,2 miliardi di Valore Aggiunto, dando un contributo al PIL pari all’8,8%, con picchi superiori al 15% in Agricoltura e Costruzioni.
Votare “sì” significherebbe rendere la scuola italiana, già multietnica, realmente plurale e aperta. Lo studio “II mondo in una classe”, condotto da Save the Children e pubblicato nel 2023, mette in luce come studenti e studentesse con cittadinanza non italiana “sperimentano percorsi diversi rispetto ai loro compagni di classe”: incontrano, ad esempio, maggiori difficoltà per partecipare a una gita o a un soggiorno educativo all’estero o a una gara sportiva. Disparità di trattamento riguardano anche la possibilità di partecipare a scambi culturali, spesso riservati ai soli cittadini comunitari. I problemi poi proseguono anche oltre il percorso scolastico, una volta maggiorenni, ad esempio per l’accesso all’Università o ai concorsi pubblici poiché le limitazioni imposte nei criteri di accesso si intrecciano ai tempi e alle difficoltà con cui in molti casi i giovani devono fare i conti nella procedura di richiesta della cittadinanza italiana. Lo studio descrive anche il fenomeno white flight, ovvero “lo spostamento, da parte delle famiglie italiane, di bambini e adolescenti verso scuole situate in aree urbane centrali, aumentando così la concentrazione di alunni stranieri nelle scuole periferiche, creando un distanziamento non solo fisico ma anche sociale e culturale rispetto agli alunni con background migratorio, che rimangono concentrati nelle scuole di prossimità al proprio domicilio e vedono così i loro percorsi d’inclusione compromessi.”
Ma c’è di più. Ricerche condotte a livello internazionale hanno dimostrato una correlazione positiva tra l'ottenimento dello status di cittadino da parte dei minori con background migratorio e i risultati e successi scolastici. Ad esempio, uno studio svolto in Germania (Gathmann C., Vonnahme C., Kim J. e Busse A. - Marginal Returns to Citizenship and Educational Performance), ha rilevato che, mediamente, la percentuale di bocciature tra gli studenti con background migratorio è inferiore del 14% per coloro che hanno ottenuto la cittadinanza. Lo status legale di cittadino conferisce ai bambini e alle bambine con background migratorio tutti i diritti di cui godono i loro coetanei con genitori italiani, aumentando di conseguenza la loro autostima e il loro senso d’appartenenza e partecipazione, promuovendo la motivazione allo studio e aspirazioni più simili ai loro coetanei senza background migratorio e migliorando quindi le loro aspettative formative, lavorative e di vita future. Ciò incoraggia, inoltre, i genitori ad investire, sin dalla prima infanzia, nell’istruzione dei propri figli e aumenta i tassi di frequenza dei servizi all’infanzia, frequenza che garantisce dei benefici educativi di lungo termine proprio ai bambini che provengono da famiglie economicamente svantaggiate.
Votare “sì” avvicinerebbe l’Italia agli altri paesi europei. Attualmente, infatti, è proprio la normativa italiana quella più restrittiva. Il processo di naturalizzazione non è solo lungo ma anche costoso e complesso. A causa dei pregiudizi, per gli stranieri è più difficile affittare una casa e trovare un lavoro stabile. Ci sono casi in cui la continuità non è stata riconosciuta a causa di un’irreperibilità a comunicazioni delle autorità avvenute mentre le persone erano lontane dalla loro residenza. La frammentarietà delle informazioni per l’inoltro della richiesta, i costi per le traduzioni delle pratiche burocratiche fanno il resto.
Infine, votare “sì” significherebbe dare dignità ad un diritto, è un atto di responsabilità e corresponsabilità. È dire “mi stai a cuore”.
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Le vignette sono di Giorgio Romagnoni.