Accoglienza
Caritas di Nola, il dormitorio: «Un porto sicuro in un momento di tempesta»
Il dormitorio della Caritas della diocesi di Nola è una struttura di housing sociale presente a San Giuseppe Vesuviano (Na) in quello che è stato battezzato Mondominio. Il responsabile della struttura è Michele De Vito che con impegno, passione e fede è un punto di riferimento per chiunque, nessuno escluso. Attraverso il suo racconto e la sua testimonianza di vita e di fede, scopriamo cosa significa il dormitorio e quali sono quelli che, per Michele, vengono definiti erroneamente semplici 'servizi'.
Un servizio di accoglienza della Caritas diocesana
Il dormitorio di San Giuseppe Vesuviano è una struttura di accoglienza che nasce nel 2014 con l'obiettivo di contrastare l'emergenza abitativa: «Il dormitorio si sviluppa come un modello di accoglienza a bassa soglia perché si attiva nella fascia notturna ed è operativo dalle ore 20 alle ore 8 del mattino seguente. Sono attivi dei servizi relativi ai bisogni primari come la mensa, il provvedere alla propria igiene personale, avere l'opportunità di fare una doccia che, tra l'altro, si tratta di uno dei servizi più richiesti da chi vive in strada», ha spiegato Michele.
Un modello di accoglienza che, per Michele, significa «trovare un porto sicuro in un momento di tempesta della propria vita: offrire così un grande sollievo nell'immediatezza che può avere l'effetto collaterale poi di diventare la propria zona comfort. Quindi, direi, per qualcuno è il porto sicuro da cui ripartire per un nuovo percorso o per un nuovo viaggio della propria vita ma purtroppo per qualcuno altro si traduce nel non riuscire più ad uscire perché ci si tende, spesso, ad adagiarsi». Infatti, negli anni spesso è capitato che alcuni non hanno accettato di farsi aiutare «preferendo il modello disfunzionale della strada rispetto a un percorso rigenerante per la propria vita», ha aggiunto Michele.
Al centro la persona e i suoi (bi)sogni
L'obiettivo primario del dormitorio è mettere al centro la persona con tutti i suoi (bi)sogni, senza badare ai grandi numeri(25 sono le persone che vengono accolte nella struttua di Mondominio). In seguito, il passo successivo è capire quale progetto di promozione personale intraprendere ed elaborarlo in sinergia con varie figure professionali, tra cui psicologi, assistenti sociali, esponenti del mondo del lavoro e delle istituzioni con i quali la Caritas si interfaccia.
Dall'apertura del dormitorio nel 2014, tante sono le persone intercettate ed accolte a Mondominio. Per Michele c'è un particolare dato in comune: «Quello che ho riscontrato in tutti è stata l'assenza di una rete parentale, intesa non solo come assenza fisica ma anche come assenza di relazioni e di supporto. Diversi papà separati accolte, e non solo anziani. Persone che avevano una vita normale e avevano anche un lavoro ma a seguito del divorzio e dell'assegno di mantenimento cadevano in difficoltà quando veniva meno, appunto, la propria rete parentale».
Il dormitorio di San Giuseppe Vesuviano non è un luogo dove si offre solo un posto letto, una doccia e un pasto ma è molto altro. Proprio per questo definire semplicemente 'servizi' quelli che offre la Caritas è riduttivo. «L'obiettivo, al di là di una prima accoglienza, è di tentare di costruire per la persona che aderisce un percorso di reinclusione sociale e per farlo ci serviamo di una rete di fronteggiamento con partner istituzionali. Cerchiamo di accompagnare la persona in difficoltà verso di nuovo una piena autonomia». Dunuqe, la Caritas va oltre la semplice accoglienza e attraverso alcuni suoi percosi laboratoriali, come ad esempio la Sartoria Valoriale e l'attività di cucina, cerca di far acquisire delle competenze tali da poter inserire le persone accolte nel mondo del lavoro.
Un cantiere aperto e una nuova prospettiva
Il dormitorio non si esaurisce così perché c'è in cantiere, in questi mesei, di poter offrire alle persone che bussano alle porte di Mondominio un'accoglienza di secondo livello come ci spiega Michele: «Stiamo completando la realizzazione di microcomunità abitative dove il soggetto potrà avere una propria autonomia così da iniziare già a sperimentare nella nostra struttura il passaggio al ritorno ad una vita normale. Dunque, non più stare semplicemente in comunità ma vivere in autonomia sin da subito». In un primo momento il progetto riguarderà le mamme ex detenute con bambini e, in generale, soggetti che si trovano in una situazione di accoglienza a bassa soglia.